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Le origini di un talento

Caterina Misasi, nata a Cosenza e cresciuta artisticamente tra le scene di Roma, debutta nel 2005 con uno spettacolo teatrale di Edoardo Sylos Labini, “Donne, velocità, pericolo”, che segna l’inizio di una carriera in continua ascesa. Il suo talento le apre presto le porte del piccolo schermo, dove diventa una figura riconoscibile grazie ai suoi ruoli in alcune delle fiction più amate dal pubblico italiano.

Photo credit: Andrea Ciccalè

Dalla televisione al cinema: una carriera in ascesa

Tra le sue interpretazioni di spicco figurano quelle in “Un medico in famiglia” e “Che Dio ci aiuti”, dove conquista l’affetto degli spettatori grazie alla sua capacità di dare vita a personaggi complessi e intensi. Non manca di farsi notare anche nel mondo delle soap opera, con ruoli importanti in “Cento Vetrine” e “Vivere”, produzioni che le consentono di affermarsi definitivamente come una delle attrici più versatili del panorama televisivo italiano.

Nel 2019, la Misasi raggiunge un altro traguardo significativo partecipando come attrice protagonista nel primo lungometraggio di Francesca Olivieri, “Arberia”. Il film, una narrazione intima e profonda della comunità arbereshe, permette all’attrice di esplorare nuovi orizzonti artistici, portando sullo schermo una storia di identità e tradizioni. In *Arberia*, Caterina Misasi ha dato prova del suo grande talento interpretativo, incarnando con intensità il senso di appartenenza e la lotta di un popolo per preservare la propria identità culturale. A seguire, prende parte a “Magari Resto” di Mario Parruccini, consolidando ulteriormente la sua carriera nel cinema.

Photo Credit: Alessandro Rabboni

 

Cosenza in Testa: il debutto alla regia

Caterina ha intrapreso una carriera d’attrice di successo, ma recentemente ha deciso di esplorare una nuova dimensione artistica: la regia. L’attrice ha voluto dare un contributo significativo alla sua città natale attraverso la sua prima opera da regista, il cortometraggio “Cosenza in testa”.

Questo cortometraggio rappresenta molto più di una semplice produzione audiovisiva: è un manifesto d’amore per Cosenza, un invito rivolto alle amministrazioni locali a investire nella cultura e a riconoscere il potenziale della città. Anche se Caterina ha vissuto poco a Cosenza, i ricordi che custodisce di quei luoghi sono preziosi, legati soprattutto alle festività che ogni anno trascorre insieme alla sua famiglia tra Lorica d’inverno e San Nicola Arcella d’estate. In *Cosenza in testa*, l’attrice-regista ha voluto omaggiare la sua città, sottolineando che non ha nulla da invidiare alle grandi metropoli italiane.

L’opera si distingue per la sua attenzione alla valorizzazione del “made in Calabria”. I costumi utilizzati nel cortometraggio, creati dal grande sarto e modellista Eugenio Carbone, provengono direttamente dall’archivio storico diretto dalla figlia Susy e dalla nipote Ginevra Losito, gli abiti maschili sono di Tullio Di Lorenzo, mentre gli iconici “maccaturi” dipinti a mano su telai sono opera di Adele Lo Feudo. Il cortometraggio si apre con una scena animata dai “cinghios“, personaggi che parlano il dialetto calabrese più stretto, un omaggio autentico alle radici linguistiche e culturali di Cosenza.

Un omaggio alla terra di origine

 

Il corto si pone come un’opera sociale, ideata per risvegliare l’orgoglio calabrese e riaccendere l’amore per la propria terra. Caterina Misasi ha avviato questo progetto partendo da zero, contando sull’importante supporto della sua assistente, Benedetta Infusino, e avvalendosi di un team tecnico di grande professionalità, dal direttore della fotografia all’aiuto regista. Girato interamente nel borgo vecchio di Cosenza e nel suo castello, il cortometraggio assume un formato originale, vicino allo stile di uno spot pubblicitario, caratterizzato da una forte componente musicale.

“Cosenza in testa” è il modo in cui Caterina Misasi ha scelto di riaffermare il valore della sua città natale, invitando i suoi abitanti a riscoprirla e a custodirla con orgoglio. Un’opera che mescola arte, tradizione e innovazione, celebrando il meglio di questa bellissima regione.

Un viaggio simbolico tra sogno e realtà

La trama  si sviluppa attraverso il viaggio interiore di una donna disperata che vaga per le strade di Cosenza, simbolo della confusione e dello smarrimento che si può provare in una terra ricca di contraddizioni come la Calabria. Durante il suo percorso, incontra una signora di stampo “baudelariano”, figura ambigua e persuasiva che la guida in cima a una lunga scalinata, simbolo di ascesa e trasformazione.

Una volta aperta la porta in cima, la donna entra in un mondo onirico che rappresenta il suo nuovo modo di essere: reazionario e provocatorio, in contrasto con le convenzioni che la frenavano. Qui, in un’atmosfera carica di pathos, la protagonista è circondata da figure nere, rappresentazioni visive delle sue paure più profonde, nonché metafora delle incertezze e dei limiti culturali che spesso trattengono la Calabria.

In questo spazio simbolico, la protagonista, interpretata da Vera Dragone,  affronta i suoi demoni interiori, riuscendo infine a dominarli e a superare gli ostacoli che le impedivano di progredire. Il suo viaggio attraverso questo scenario si svolge come un passaggio da un quadro all’altro, una transizione scandita dall’omaggio ai prodotti calabresi, a simboleggiare l’eccellenza e il potenziale che la Calabria ha da offrire, nonostante le difficoltà.

Il culmine è un momento di catarsi: la donna, dopo aver vinto le sue paure, emette un grido liberatorio che la riporta alla realtà. Questo urlo è una liberazione personale, ma anche un richiamo alla città stessa, un’espressione di speranza e forza. È un invito a Cosenza a risvegliarsi, a scrollarsi di dosso le sue paure e incertezze, proprio come ha fatto la protagonista.

Cosenza in testa” si distingue per l’uso intenso di metafore e simbolismi, un viaggio che mescola sogno e realtà, toccando le corde dell’inconscio collettivo calabrese. La narrazione si sviluppa attraverso una serie di immagini oniriche e allegoriche, in cui la protagonista si confronta con le sue paure e i suoi desideri più profondi.

Metafore e provocazioni

In questa dimensione surreale, il racconto assume anche i toni di una favola. Tra le figure simboliche spicca una strega, rappresentazione delle insidie e degli ostacoli che la vita pone, una metafora dei limiti e delle avversità che frenano la crescita personale e, per estensione, quella della Calabria. Accanto a questa figura oscura, ci sono i principi, incarnazioni della sicurezza e della protezione, uomini che offrono alla protagonista un appiglio durante il suo cammino di trasformazione.

Un’opera ricca di allusioni e di riferimenti simbolici, in cui ogni dettaglio ha un significato nascosto. La protagonista guida il pubblico attraverso questo percorso di liberazione e riscoperta di sé, interpretando con grande intensità emotiva il suo ruolo. Caterina Misasi, grazie anche alla sua capacità registica, ha saputo creare una trama complessa e stratificata, in cui ogni elemento contribuisce a costruire un viaggio interiore che diventa un riflesso delle speranze e delle paure di un’intera terra.

Il lavoro di metafora è il fulcro di “Cosenza in testa”, un cortometraggio che, dietro la storia della protagonista, nasconde una riflessione profonda sulla Calabria e sulle sue potenzialità, invitando gli spettatori a guardare oltre le apparenze e a scoprire le verità più intime della propria anima e della propria terra.

La forza innovativa di Cosenza in Testa

Un prodotto ben girato e curato nei dettagli, una prima opera che si distingue per la sua innovatività. Caterina Misasi ha saputo rompere gli schemi tradizionali, scegliendo un formato audace e quasi provocatorio, che non poteva non suscitare reazioni contrastanti nel pubblico. Alcuni potrebbero aver trovato il cortometraggio disturbante o fuori dagli standard comuni, ma è proprio questo l’intento della regista: scuotere le coscienze, far riflettere e, soprattutto, risvegliare un amore assopito per Cosenza.

La città vecchia, cuore pulsante di storia e cultura, appare in declino, una bellezza offuscata dal tempo e dall’incuria. Attraverso questo cortometraggio, la regista ha voluto sottolineare che, nonostante la decadenza apparente, Cosenza ha ancora tanto da conservare e mostrare al mondo. Con un format innovativo, che sfugge alle convenzioni, “Cosenza in Testa* si propone come un inno alla rinascita, un grido di speranza per una città che merita di essere riscoperta e valorizzata per la sua bellezza autentica e il suo inestimabile patrimonio culturale.

Attraverso questo racconto cinematografico, la regista non solo ci guida per le strade della sua città d’origine, ma ci invita a vedere oltre, a cogliere l’essenza di una città che ha ancora tanto da offrire.

Uno sguardo al futuro

In “Cosenza in Testa“, Caterina non ha soltanto voluto raccontare la sua città, ma l’ha celebrata con amore, coraggio e innovazione. Attraverso il suo lavoro, ha dimostrato come il legame con le proprie radici possa essere una forza creativa inarrestabile. Con il cuore sempre rivolto alla sua città, la neo regista continua a evolversi come artista, spingendosi oltre i confini dell’interpretazione per abbracciare nuovi orizzonti. Il suo cammino, segnato da passione e dedizione, è solo l’inizio: una carriera che siamo sicuri ci riserverà ancora tante sorprese, sempre con Cosenza in testa, ma soprattutto nel cuore.

Guarda il cortometraggio Cosenza in Testa”:

 

 

 

 

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